Missione BION-M1
SUCCESSO DELL’ESPERIMENTO SCIENTIFICO DEL DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA INDUSTRIALE DELL’UNIVERSITA’ DI NAPOLI NELLA MISSIONE BION-M1
La ricerca spaziale italiana continua a farsi valere in campo internazionale, nonostante la tendenza drammaticamente calante delle fonti di finanziamento.
Sulla scia della pluriennale storia più volte sottolineata ed ancora proprio oggi esaltata dalla presenza di un astronauta italiano sulla Stazione Spaziale Internazionale, la scorsa settimana (esattamente il 19 maggio 2013) è rientrata a terra la capsula russa Photon BION M1, dopo circa un mese di permanenza in orbita a 575 km di quota, per eseguire diversi esperimenti nei campi della biologia, fisiologia, biotecnologia e scienza dei materiali. Proprio per la fase del rientro in atmosfera, è stato condotto un esperimento tecnologico rivolto allo studio di materiali ceramici della classe ultra-refrattari per temperature estreme, meglio noti nella comunità scientifica come “Ultra-High Temperature Ceramics UHTC”.
L’esperimento è stato concepito e progettato dal gruppo della Sezione Aerospaziale del Dipartimento di Ingegneria Industriale (DII) dell’Università di Napoli “Federico II”, guidato dal prof. R. Savino, e dall'Istituto di Scienza e Tecnologia dei Materiali Ceramici (ISTEC) di Faenza afferente al Consiglio Nazionale delle Ricerche, sotto la supervisione del Dr. F. Monteverde.
La capsula russa è rimasta in orbita intorno alla Terra, per circa un mese.
Durante la missione sono stati effettuati numerosi esperimenti, prevalentemente nei campi della biologia, fisiologia, biotecnologia e scienza dei materiali. La capsula è poi rientrata attraversando l’atmosfera terrestre ed è quindi atterrata nella regione russa di Orenburg, vicino al confine con il Kazakistan.
Grazie al supporto dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ed alla collaborazione con il “Department of Sanitary Chemical and Microbial Safety (IMBP) con sede a Mosca afferente all’Accademia Russa delle Scienze, DII e ISTEC hanno progettato e sviluppato in auto-finanziamento due componenti realizzati in UHTC con funzione di “holder” opportunamente installati sulla parte anteriore esterna dello scudo
termico della suddetta capsula. All’interno dei due “holders” in UHTC, alloggiati appunto sulla superficie esterna della capsula di rientro, sono stati ospitati non solo campioni di natura biologica provenienti dal IMBP ma anche sensori passivi di temperatura. Questi ultimi hanno giocato un ruolo di “in-situ monitoring” per lo studio e la caratterizzazione aero-termodinamica dei materiali UHTC durante la fase
del rientro atmosferico.
Al termine della missione subito dopo l’atterraggio, i due “holders” sono stati recuperati e, ad una prima ispezione visiva, hanno mostrato di aver resistito adeguatamente alle condizioni critiche di carico termico incontrate durante il rientroatmosferico.
Sono in corso le procedure di trasferimento di detti componenti in Italia per le analisi “post-flight” comprendenti simulazioni numeriche e analisi micro-chimiche tese a correlare gli andamenti delle principali grandezze misurate durante la traiettoria di rientro con lo stato finale di alterazione del materiale in superfice.
L’esperimento ha messo in evidenza che esistono in Italia notevoli competenze nella progettazione e realizzazione di materiali ceramici che possono aprire nuove frontiere per lo sviluppo di nuove generazioni di velivoli ipersonici e sistemi di rientro dallo spazio.